La definizione di anestesia locale è la perdita di sensibilità di una zona circoscritta del corpo, senza che questo comporti la perdita di coscienza da parte del paziente. Una cosa scontata adesso, un elemento imprescindibile di ogni tipo di intervento chirurgico e dentistico. Eppure se è vero che ci sono testimonianze di operazione chirurgiche risalenti ai tempi degli antichi romani, è vero anche che le prime anestesie locali o generali, risalgono al 19° secolo… Prima qualche esperimento era stato fatto, qualche sostanza utile allo scopo era stata scoperta, ma a niente venne mai data rilevanza scientifica.
Ubriacati o narcotizzati, ma… che dolore!
Fino ai primi esperimenti medici riconosciuti scientificamente ci si limitava ad utilizzare sostanze che portassero più allo stordimento e alla semi-incoscienza che a una vera e propria analgesia. Leggenda narra che il chirurgo entrasse in sala operatoria con due bottiglie di whiskey, una per il paziente e una per sé (per sopportare le urla del paziente). In alternative droghe come marijuana, hascisc o oppiacei… E in più un pezzo di cuoio da stringere tra i denti per il paziente e quattro energumeni per tenerlo. Scenari da film dell’orrore.
Prime sostanze, primi esperimenti ma nessuna rilevanza scientifica!
Nel 1800 poi, alcune sostanze iniziarono a fare la loro comparsa. Nel 1830 diventò una moda tra i ragazzi organizzare “party all’etere”… Il Dottor Long, a Jefferson, ne organizzava spesso e notò l’effetto anestetico della sostanza su ragazzi che sotto l’effetto dell’etere si ferivano ma senza provare alcun dolore. D’accordo con uno di loro, lo operò e gli asportò, dopo avergli somministrato etere e senza alcun dolore per il paziente, due piccoli tumori al collo… Eseguì poi, ancora con successo, un altro piccolo intervento ma tra la popolazione iniziarono a serpeggiare sospetti, critiche… a quel tempo poi arrivare alle accuse di stregoneria era molto facile, così il Dottor Long si fermò e le sue esperienze andarono perse.
Qualche anno prima invece, in Francia, venne scoperto e utilizzato, ma allora solo sugli animali, il protossido di azoto, un gas dall’effetto calmante e esilarante. In America arrivò qualche anno più tardi, ma più come gas esilarante utilizzato da teatri ambulanti per far ridere il pubblico.
Meno male che ci siamo noi dentisti!
Per nostra fortuna però, un giorno, tra il pubblico di Boston c’era il dentista Horace Wells. Assistendo allo spettacolo di un saltimbanco ebbe l’impressione che le persone prese di mira dai giocolieri, sotto l’effetto del gas esilarante, dimostrassero meno sensibilità al dolore. Volle così verificare la sua intuizione e chiese a un collega dentista di estrargli un dente del giudizio che lo tormentava: nessun dolore, il protossido d’azoto era davvero un ottimo anestetico! Ma dovettero passare ancora degli anni perché si desse rilevanza scientifica agli anestetici: il dottor William Morton nel 1846, un altro dentista e allievo di Wells, costruì un nuovo strumento per anestesia e lo mise a disposizione di un chirurgo che eseguì con successo due interventi.
Stavolta ne parlarono tanti, tutti, anche perché di lì a poco si scoprì anche l’utilizzo del cloroformio e si riuscì a eseguire il primo parto indolore, che suscitò grande clamore: con reazioni negative e biasimo da parte dei benpensanti che lo vedevano come un affronto al dogma religioso. Almeno finché la regina Vittoria nel 1852 non chiese per sé la possibilità di partorire senza dolore, sdoganando per sempre “il parto della regina”.
Il protossido di azoto e le possibilità attuali.
Una volta riconosciuta l’importanza del suo ruolo, sia per i chirurghi sia per i pazienti, l’anestesia ha avuto una grande e veloce evoluzione sia in termini di sostanze sia in termini di metodologie e tecnologie impiegate. Per quanto riguarda nello specifico l’anestesia dentistica, il protossido d’azoto è ancora utilizzato ma più come calmante che come anestetico. Diciamo che è più un rimedio per chi ha “paura del dentista”: una mascherina sul viso e il paziente si rilassa, perde lo stimolo a deglutire in continuazione e a contrarre i muscoli della faringe, e permette al dentista di agire in modo veloce.
Innanzitutto bisogna ricordare che, a parte casi molto particolari, l’anestesia dentale è quasi sempre locale. Oggi sono disponibili modalità e tecnologie diverse a seconda delle necessità: gel anestetici, anestesia con ago o senza ago e l’evoluzione continua verso metodi sempre meno dolorosi e che vedono sempre più la collaborazione tra dentista e paziente. A livello di sostanze utilizzate il dibattito è aperto: meglio la lidocaina o l’articaina? Entrambe sicure e con effetti secondari simili, queste sostanze hanno tutte le caratteristiche ottimali richieste per un utilizzo nella pratica dentistica, l’articaina è forse più indicata per gli interventi più complessi e per gestire post-operatori più dolorosi, dato che agisce più velocemente e dura più a lungo. Ma proprio questo aspetto si può rivelare problematico in trattamenti più facili e veloci. Forse per arrivare a un verdetto certo bisognerà attendere ancora qualche anno, verificare l’andamento degli studi tutt’ora in corso… E magari nel frattempo si scoprirà una sostanza ancora più efficace.
Soprattutto, però, l’aspetto davvero importante per noi è che l’anestesia sia diventata una pratica così “normale”, sicura e sempre più efficace: che grandi passi sono stati fatti da droghe, etere e… striscia di cuoio tra i denti!